I RE DEL MONDO 

Immergetevi nel 1300....respirate l'aria di Verona.....questa è la storia di Romeo e Giulietta vista dal protagonista principale.......Mercuzio.


Perché ci recammo a quella maledetta festa?! Perché?!!”
Mercuzio vagava per la stanza inquieto, nella disperata ricerca di una, anche ingannevole purché esauriente, risposta.
Camminava avanti e indietro tenendosi la testa tra le mani in un gesto di disperazione.
Quella maledetta festa!!!”
Si avvicinò alla tavola e impugnò la caraffa piena di vino fino all’orlo, portandosela alla bocca. Ne bevve una generosa sorsata. Si deterse le labbra usando il dorso della mano e cercò di considerare i fatti con lucidità.
L’idea era venuta al cortese cugino di Romeo, Benvolio.
“Lui che si muove sempre a eroe, ora in difesa di questi, ora in difesa di questi altri!” esclamò ad alta voce, bevendo un altro generoso sorso.
Solo alcune ore prima, “l’eroe” aveva proposto un’incursione al ballo in maschera nella dimora Capuleti e Romeo aveva accettato, nella speranza di trovarvi Rosalina, la castissima amata. Nessuno poteva davvero immaginare che da quella malaugurata festa, gli eventi sarebbero iniziati a precipitare inesorabilmente….
Mercuzio batté con violenza un pugno sul ripiano e la caraffa sobbalzò, versando gocce di vino sul legno.
Sciagurati!!!! Sciagurati tutti quanti!!!
Improvvisamente un rumore catturò la sua attenzione.
Alzò il viso verso la piccola finestra sulla parete sinistra della stanza.
Con un balzo felino salì sullo sgabello accanto al muro e guardò in direzione della via. Da qualche tempo, la sua sensazione di essere osservato, seguito, minacciato, stava diventando un’ossessione e questo lo spaventava molto, anche se non l'avrebbe mai confessato ad alcuno. Scese ancora più agitato e si sedette sul suo giaciglio: osservando il vuoto, la sua mente, stimolata ora dai fumi dell’alcol, riprese a delirare.
La festa li lasciò soddisfatti e compiaciuti ma quando l'ora si fece tarda l'urgenza di fuggire prese il sopravvento. I giovani, impetuosi Montecchi erano ben a conoscenza dell’odio profondo che le due famiglie più potenti di Verona, la loro e quella dei Capuleti, covavano da tempo immemorabile ma la loro imprudenza superava di gran lunga la decenza. Non dovevano sfidare troppo la fortuna (troppo buona con loro sino a quel momento) e cercare Romeo che sembrava svanito nel nulla diventò subito una priorità. Decisero di separarsi e Mercuzio si diresse verso il giardino retrostante la dimora Capuleti.
E a un tratto la vidi: la creatura più incantevole che avessi mai sognato.
Un lamento gli uscì dalle labbra ma lo soffocò con le mani.
La fanciulla si aggirava nervosamente lungo i viottoli del parco, come se stesse cercando qualcosa....o qualcuno. La sua grazia, anche in quel frangente di agitazione, era quasi sovrannaturale: sembrava che i suoi piedi non toccassero il suolo. Mercuzio restò in contemplazione, rapito da quella visione eterea.
D'improvviso tutto non ebbe più senso...i miei dubbi e le mie paure mi abbandonarono di colpo, incapaci di avere la meglio sul sentimento che mi si stava affacciando faticosamente nell'anima.
Si alzò e riprese a gironzolare, incapace di controllare la rabbia che stava impossessandosi di lui. Lo sguardo cadde sulla caraffa: era quasi vuota. Bevve il vino avanzato in un unico sorso, indossò il doublet e si precipitò in strada, diretto alla locanda più vicina. Mentre camminava la sua mente, resa ormai completamente annebbiata dalla bevanda, gli inviava ricordi ed emozioni ingestibili. Il suo animo era malato di solitudine e di noia e nulla poteva guarirlo...tranne forse una persona. Si fermò e si prese di nuovo la testa tra le mani...mani che avrebbe voluto essere “sue”.
Alzò lo sguardo offuscato e raggiunse la locanda con rapidi passi.
Entrò.
Si diresse verso una tavola vuota. Batté un pugno chiedendo di essere servito.
L'ho visto in sogno...quella fanciulla avrebbe portato solo sciagure....a me, a Romeo....la follia...la follia stava prendendo il sopravvento…e mi avrebbe sottomesso alla sua volontà come sempre faceva….la mia sola e unica amante, lei che mi sa adulare ed amare...il mio solo e unico rifugio....
Si avvicinò una serva da lunghi capelli neri.
“Cosa ti porto?”.
Lui la guardò con aria lasciva.
“Cosa mi porti?” disse sorridendo “…una caraffa del vostro vino più buono?”.
La ragazza si allontanò svelta, intimidita da cotanta audacia.
Mercuzio la scrutò attentamente e provò un fuoco dentro di lui che lo attraversò come una scossa elettrica.
La desiderò e per questo la odiò.
Puttana. Ecco cos'era. Un’invitante puttana, come tutte le giovani di questo mondo. E tutte volevano una cosa sola. Fornicare…
Sorrise malignamente e si portò la mano all'inguine.
e lui le avrebbe soddisfatte… d’altronde godere era la cosa che sapeva fare meglio!
Rise ad alta voce, divertito dai suoi stessi pensieri. Alcuni avventori si voltarono.
.,..però la fanciulla della festa era davvero incantevole….
I pensieri tornarono a vagare nella sua testa. Un’inarrestabile ondata di follia.
….ma chi stava aspettando in quel giardino? Un giovinetto innamorato, capace solo di parlare d'amore? L'amore....esisteva qualcosa di più ingannevole dell'amore? Un demone che ti distrugge dentro e ti lascia il nulla tra le mani....lo sapeva bene il suo amico Romeo. Lui che si struggeva per quella Rosalina, casta e pura sino all'inverosimile. Lui che leggeva e conversava di gentil poesie…...
La giovane serva si avvicinò alla tavola e posò la caraffa.
Mercuzio le prese repentinamente la mano.
La giovane si divincolò spaventata e scappò via.
Un sorriso gli comparve sulle labbra…ma subito fu sostituito da una tristezza infinita.
...oh si....era sicuro.....la Regina Mab, la regina degli incubi, gli aveva aperto gli occhi....e aveva visto.....oh si, aveva visto....aveva visto la sua morte.

Gli amici lo attendevano al solito posto, in piazza delle Erbe, adagiati sui gradini dei palazzi che ivi si affacciavano.
Facevano bisboccia, giocosi, figli di un dio vizioso, ignari dei crudeli giochi del destino.
Ma Mercuzio li amava. Non era forse anche lui un irruente e farsesco giovane Montecchi, voglioso solamente di sollazzi?
Corse verso Romeo.
“Amico!” lo abbracciò felice.
“Mercuzio, amico mio, dove sei stato?”.
Romeo....il mio eroe....lui che ha un animo semplice, romantico, sognatore....lui che vive solo di illusioni, sempre fiducioso verso la vita...chissà se mai avesse saputo quanto lo invidiavo, quanto vorrei avere la stessa fiducia, gli stessi sogni, gli stessi amori....ma Romeo è un figliolo amato tanto quanto non lo sono stato io...Romeo, il mio amico prediletto, il mio affetto e tormento...
“Non ti è dato sapere la mia meta, né quale è stata, né quale sarà” gli rispose maliziosamente Mercuzio, saltando su un muretto “ma narraci, mio buon amico, dove sei stato stanotte dopo la festa” e allargò le braccia ”noi tutti siamo dinnanzi a te aspettando di placare la nostra sete di curiosità”.
Gli amici ghignarono.
“Oh, mio caro Mercuzio, se tu sapessi!!!” e si rivolse al gruppo “se voi sapeste!!!”.
“Orsù, non farci attendere allora!” Benvolio gli diede una pacca sulla spalla.
“Ieri sera conobbi una fanciulla...la più meravigliosa fanciulla che il vostro intelletto possa immaginare!” con uno scatto salì sul muretto.
“Il mio intelletto immagina molte più cose di quanto tu creda, messere” esclamò Mercuzio portandosi una mano all'inguine “ma molte di più le rende reali!”.
Il gesto suscitò l'ilarità del gruppetto.
“Arrido della tua indecenza, Mercuzio...” continuò Romeo con aria trasognata “io parlo di qualcosa di più profondo, di qualcosa che ti rapisce l'anima e te la scaraventa con impeto verso il cielo come lei ha ardito fare col mio cuore...”.
“Avanti, rivelaci il suo nome” chiese il cugino Benvolio entusiasmato dalla felicità dell’innamorato.
“Il suo nome è tanto eccelso quanto le stelle nel cielo....Giulietta...”.
“Giulietta???” Benvolio mosse un passo verso di lui, accigliato “...non sarà la giovane figlia dei Capuleti???”.
“I nomi non sono nulla....” esclamò il giovane Montecchi “...il nostro sentimento è la vera essenza della vita”.
Mercuzio scese dal muretto e diede una leggera spinta a Romeo con aria seccata.
“L'essenza della vita? Tu non conosci né l'una né l'altra...e declami di essenza...e di vita? Tu, che ti struggi per amori impossibili” il gruppetto fece spallucce sogghignando.
“No no no amico, ti sbagli. Questa volta l'amore ha toccato il cuore di entrambi” tutti lo osservarono muti “…me lo ha rivelato un bacio rubato…” continuò con aria sognante “…la sera della festa, nel complice giardino”.
L’ira. Il demone dell’ira iniziò a contorcersi tra le viscere…a urlare tutto il dolore che gli stava afferrando le membra, come vento impazzito,
Mercuzio si passò una mano tra i ricci capelli biondi, cercando di celare l’angoscia che gli devastava l’animo.
Il suo viso si contorse in una smorfia.
Fissò Romeo ma lui sembrò non avvertire nulla, completamente rapito dal suo vagheggiare. Aprì la bocca deciso a schernirlo ma fu interrotto dall’ilarità del gruppo che prese a beffeggiare a gran voce una vecchia domestica che si stava incamminando di gran passo proprio verso di loro. Il trambusto si quietò solo quando la donna li raggiunse.
“Chi di voi è il giovane Romeo?” chiese con le mani ai fianchi in gesto di sfida.
“Io sono Romeo” con un balzo scese dal muretto e si avvicinò.
“Giulietta mi porta a te” sussurrò la nutrice.
“OH la mia amata! Ho una novella per lei…” parlando si allontanarono di qualche passo.
Mercuzio, con ingannevole indifferenza, si fece vicino per udire.
“Riferite, vi prego, a Giulietta di recarsi stasera, da Frate Lorenzo. Lui ci aiuterà…” le porse una missiva “…e comunicatele la lieta novella: domani saremo sposi”.

L’aria all’interno della taverna era quasi soffocante. Nell’angolo più recondito del locale, una combriccola di giovani, tra urla e risate, stava giocando a zara: lanciavano i dadi strepitando a gran voce, ora vincendo ora perdendo. Il gioco d'azzardo consisteva nell'indovinare il numero che sarebbe uscito: il perdente doveva pagare le monete che corrispondevano alla cifra data dalla somma dei numeri dei dadi.
“Dodici!!!” gridò Mercuzio nell’attimo esatto in cui iniziarono a girare su se stessi.
“Dieci!!!” rispose Pietruccio concentrato sul rotolio.
“Dodici!!! Messere, hai vinto!” urlò Benvolio abbracciando entusiasta Mercuzio.
Pietruccio pagò le monete e si arrabbiò “quei dadi sono truccati!”.
“Truccati?” Mercuzio balzò in piedi, la mano sul pugnale “osi darmi del truffatore!!!”.
“Calmo mio buon amico, non farti indurre al duello da questo macaco!” Benvolio, mettendogli una mano sulla spalla lo persuase a sedersi. Ancora con lo sguardo feroce sul volto, Mercuzio ascoltò il buon consiglio dell'amico, adagiandosi nuovamente sulla panca.
Pietruccio si allontanò bofonchiando e uscì dalla porta della taverna nell'attimo esatto in cui entrò Anna. La ragazza di guardò attorno e cercò di individuare la tavola che ospitava Mercuzio. Lo trovò che gozzovigliava in fondo alla stanza e lo raggiunse.
Anna amava Mercuzio con tutto il suo essere. Lei, che era solo una puttana, sapeva di non poter ambire a tanta magnanimità. Purtroppo però non riusciva a staccarsi da lui. L'aveva conosciuto per strada, uno scambio veloce di sguardi e lei era già persa. Quel bel giovanotto biondo, dai capelli ricci e ribelli, dal portamento elegante, dal fisico poderoso, le aveva rapito il cuore. Poi un giorno l'adescamento in quella stessa taverna, al lume di candela, un bacio rubato, un attimo di turbamento ed erano diventati amanti. O almeno questo è quello che lei avrebbe voluto, poiché Mercuzio non l'aveva mai sedotta in alcun modo. Ma Anna non aveva perso le sue speranze: avrebbe avuto quel giovine con o senza il suo consenso.
Si unì silenziosamente al gruppetto e lo osservò per qualche istante fino a quando Mercuzio la vide.
“Anna” esclamò e le sorrise.
Poi riprese a giocare.
La ragazza, risoluta, aggirò gli amici e si fece posto vicino a lui.
Mercuzio si voltò a guardarla e le sorrise dolcemente.
“Quattro!” urlò una voce e lui riportò il suo interesse ai dadi.
Nessuno prestò attenzione a lei, a una puttana che stava adescando il suo cliente in una taverna. D'altronde era la normale prassi delle donne del suo rango. Nel disinteresse generale, Anna osò posare una mano sulla coscia di Mercuzio, troppo vicino all'inguine.
Lui si voltò di scatto, la mano a mezz'aria. I loro occhi si incontrarono, si fusero in un unico sguardo. E lui le sorrise maliziosamente.
Anna...Anna......una puttana con un nome si gentile. Com'è bella: i suoi occhi color del cielo in una giornata di primavera, la sua pelle morbida e bianca come la neve d'inverno, il suo sorriso che apre le porte di un mondo straordinario e prodigioso: lei ostinata ma romantica, innamorata dell'amore come il mio amico Romeo.....lei così premurosa e disponibile...lei che brama me con tutto il suo essere.....io che bramo lei con tutto il mio essere.....
Nascostamente, Mercuzio appoggiò la sua mano su quella di Anna.
“Muoviamoci” le sussurrò e si alzarono insieme, diretti verso l'uscita sul retro.
Benvolio, l'unico che assistette alla scena divertito, prese il suo posto nel gioco.
“Fatti onore, mio buon amico” gli urlò dietro ma i due amanti erano già fuori sulla strada.
Si incamminarono di gran passo verso il bordello più vicino, guardandosi di tanto in tanto con aria complice.
Inaspettatamente, Mercuzio la spinse contro il muro con impeto, le prese il viso con la mano e la baciò. Le loro lingue si dissetarono come dopo una lunga siccità.
Quando si divisero, le gote di lei erano arrossate dal desiderio. Mercuzio abbassò il capo per un istante pensieroso “se solamente tu potessi proferire parole delicate, parole che potessero infiammarmi l'anima, parole che potessero placare il fuoco che mi rode” poi tornò ad osservarla dolcemente “ma un fato, un fato crudele si è trastullato con te trasformando le sue gesta in una burla rovinosa, negandoti la virtù della favella”.
Anna lo abbracciò, confusa da tanta dolcezza, appoggiando il viso sul suo petto nudo. Mercuzio le accarezzò i morbidi capelli.
“Cotanta amorevolezza mi fa sentire la tua anima....amorevolezza per un folle, un volgare, un mentitore....” ma lei lo interruppe appoggiandogli una mano sulla bocca e muovendo freneticamente la testa da destra a sinistra, in segno di negazione.
Lui tolse la mano dalla bocca e gliela baciò.
“Il sentimento che custodisci nel tuo animo ti fa onore e mi rende sazio di cotanta magnificenza”.
Anna lo baciò lievemente sulle labbra e, prendendogli la mano, lo condusse repentinamente verso l'entrata del bordello.

La stanza era piccola, non molto pulita e il grande giaciglio occupava gran parte dello spazio. Nell'aria ristagnava un lezzo di sesso e orina.
Anna, in ginocchio davanti a Mercuzio, stava dandosi da fare per portarlo all'eccitazione il più in fretta possibile. Voleva possederlo in quel preciso istante, non resisteva più, averlo era la sua priorità assoluta. Aveva molta esperienza con gli uomini e capì di aver raggiunto il suo scopo quando i gemiti di lui si fecero più insistenti. Allora si alzò, gli tolse il doublet e la camicia bianca lasciandolo a dorso nudo. Solo la catenina con il piccolo crocefisso brillava alla luce della candela. Mercuzio non fece resistenza a nulla di tutto questo. La sua testa ciondolava, annebbiata dall'alcol e dall'oppio consumato nel bordello, completamente immerso in un mondo distante e seducente. Il sorriso ebete sul volto.
Il mio spirito si eleva sopra le nubi del cielo e vedo....oh si vedo....vedo un chiarore attorno a me che ora mi segue, ora mi guida....la sua luce mi avvolge e mi inebria....mi fa godere....io sono quella luce che ha maledettamente bisogno di risplendere......Romeo......Giulietta sua sposa....sua sposa.......quella luce che precipita verso l'oscurità.....io sono la luce.....e l'oscurità......
Anna lo aiutò a sdraiarsi sul letto e gli tolse i pantaloni e l'intimo. Lo schiaffeggiò delicatamente per riportarlo alla realtà. Lo baciò con passione e lui finalmente rispose al bacio. In quel momento di lucidità, Mercuzio la rovesciò sul letto e le fu sopra. Il suo sorriso maliziosamente seducente, quello che Anna amava così tanto, gli comparve sul viso. Con bramosia le leccò il collo, il seno e poi giù, tra le gambe. Anna gemeva ma lui non poteva udirla. Poteva vedere il suo godimento solo scrutandola in viso. Ma non voleva vederlo. Voleva solo raggiungere l'orgasmo in fretta e andarsene da quel posto. Ma purtroppo nulla di tutto questo accadde.
Improvvisamente l'erezione venne meno.
Sbigottito, si guardò in basso e poi guardò Anna. Repentinamente si alzò dal letto e si coprì. I suoi occhi spalancati tradivano la follia allo stato puro.
Me sciagurato...me misero....me sventurato.........
Un lamento gli uscì dalla bocca.
Ahimè....nooooo......un fato spietato ha lanciato il suo dardo crudele e mi ha beccato.....mi ha beccato.....devo fuggire....ora...subito.....
Davanti allo sguardo esterrefatto di Anna, ancora sdraiata sul letto, Mercuzio si rivestì velocemente e aprì la porta per fuggire.
Cosa sto facendo....fuggo come un ladro....Anna....
Si voltò e la osservò, sentendosi sporco e colpevole verso di lei. Non poteva lasciarla così. Lei lo amava e lui si sentiva il solo responsabile di quella sua tortura.
“Anna....” abbassò lo sguardo e tristemente continuò “...la fanciulla più graziosa di questa terra mi vuole rendere lieto e dissetarsi alla mia fonte...” la scrutò “....e io la lascio assetata e disperata. Perdonami. Forse l'ora mia non è ancora giunta...tutta la saggezza che la mia vita aveva raccolto, pensavo mi potesse indicare la giusta via....ma così non è stato....lasciami solo...il tuo amore non è contraccambiato....e nulla si può fare...perdonami e lascia che il mio ricordo si accompagni al tuo cuore per sempre” le inviò un bacio posandosi le dita sulle labbra e uscì dalla stanza, senza voltarsi più.

“Messere....messere...” il paggio lo stava scuotendo vigorosamente.
Si svegliò di soprassalto e si ritrovò seduto sulla branda, gli occhi spalancati dal terrore.
No...lasciatemi....lasciatemi....non voglio....non voglio....aiutami....non abbandonarmi.....non ora.....
Questa volta l'incubo era stato spaventoso. La Regina Mab era arrivata su un carro trainato da bestie demoniache, con le fauci fameliche aperte e gocciolanti, lo stavano afferrandolo, portandolo in fondo agli inferi, divorandolo.
“Messere...” il paggio si allontanò di qualche passo impaurito “...vostro zio....stamane vi attende..”.
Mercuzio si voltò, il panico ancora negli occhi.
Il paggio fece altri passi indietro fino a raggiungere la porta. L'aprì e scappò via.
Cosa mi sta accadendo? Ti prego, lascia che la calma scenda nel mio cuore e scacci questo strazio....
Mercuzio non era propriamente un giovine religioso ma amava la vita con tutto il suo essere e aveva la certezza che qualcuno lassù doveva aver creato l'amore, un sentimento così assoluto e meraviglioso anelato da tutti gli uomini della Terra...ma a lui negato.
Giulietta....sciagurata fanciulla....nata per tormentarmi.....
Una lacrima gli scese silenziosamente sulle gote, attraversò i peli del pizzetto, lambì le rosse labbra carnose e gocciolò sulle lenzuola. Ne seguì subito un'altra che però non finì la sua corsa: lui si passò il dorso della mano sul viso e cercò di ritrovare il controllo di se stesso. Rialzò la testa con fierezza e scese dalla branda, risoluto a trascorrere una oziosa giornata di sollazzi e bevute. I miglior antidoti alle sofferenze.
Il destino mi ha riservato la felicità in fondo alla strada....ne sono convinto....devo solo precipitarmi a raggiungerla....cosa farmene allora dell'amore? Un'emozione effimera e lesta, evocata da creature senza cervello capaci di uccidere e di morire solo per un sospiro della fanciulla adorata o per un fugace bacio o per una notte di sollazzi galanti.
Aprì la finestrella e aspirò a pieni polmoni l'aria fresca del mattino.
Siamo creature fatte di spirito, intrappolate in un esistenza materiale....non necessitiamo di nulla.....
Sorridente, si ritirò e si vestì velocemente. Non poteva e non doveva far attendere il potente zio.

Il Principe Escalus era il signore di Verona: autoritario, imponente, severo, crudele e freddo come il ghiaccio. Governava sulla città cercando di portare giustizia e pace secondo quanto gli era stato insegnato da fanciullo ma le punizioni che infliggeva al popolo erano solo frutto del suo immenso ego e non troppo della sua ragionevolezza.
“Non voglio risse con i Capuleti nella mia Verona!” Escalus avanzava nervosamente nel grande salone del suo palazzo. Non aveva certo l'aria di voler scherzare.
Mercuzio, invece, sedeva in modo scomposto sul seggio del principe, un ghigno burlesco sul viso lasciava trasparire i suoi pensieri.
“Perché pronunzi questo discorso proprio a me?” si stava osservando divertito le unghie della mano sinistra con estrema noncuranza.
“Perché tu...” gli puntò l'indice contro “...tu, nipote mio, sei uno screanzato che vive cercando la rissa e che sa dove scovarla”.
“Io???” l'aria innocente tradiva la rabbia che stava nascendo dentro di lui.
“Si tu, nipote ingrato”.
Escalus aveva perso la pazienza. Non era certo il tipo da farsi prendere in giro da un giovinotto di sedici anni.
“E se fossero i Capuleti a cercare la zuffa? Se fossero Tebaldo, quel macaco, quel re dei gatti...”.
Lo sguardo furibondo del principe lo costrinse ad interrompersi. Si avvicinò allo screanzato nipote e lo scrutò negli occhi.
“Se osi opporti ai miei ordini sarò costretto a punirti”.
“OHHHH che angoscia getti nel mio cuore, zio!” finse di impaurirsi “guarda, sono tutto un tremore...” si alzò di scatto, la rabbia finalmente libera “il mio spirito si libera nell'aire e nulla lo fermerà. Quanto meno le tue minacce!!!” urlò contro il principe, il quale si fece indietro, ora consapevole della follia di Mercuzio.
Maledetto...maledetto...tu e il tuo ego....tu e la tua repellente dimora....tu che il tuo amore mi negasti fin dalla nascita....tu che non hai nulla dentro te stesso, tranne un vuoto incolmabile che il fato ti ha destinato a conservare per l'eternità....tu che minacci me! Come osi!!!!
Attraversò il salone furente, deciso ad uscire da lì immediatamente, senza neanche voltarsi e degnare quell'uomo, suo parente, di uno sguardo.
“MERCUZIO!” grido Escalus verso di lui “ti ho avvisato. La sorte non sarà sempre benevola con te!”.
Il nipote si fermò un istante con la mano sulla maniglia dell'uscio e gli rispose senza voltarsi.
“Rievoco tutte le cose folli che ho fatto, i perigli che ho sconfitto e le inquietudini che ho vinto...” lo scrutò intensamente “...e sono ancora qui!”.
Aprì l'uscio, uscì e lo richiuse alle sue spalle, per l'ultima volta.

Raggiunse gli amici in Piazza delle Erbe. I giovani oziavano adagiati sui gradini.
La mattinata si stava voltando in pomeriggio. Il sole stava cercando di tornare verso ovest, al suo riposo ma la strada da percorrere era ancora lunga.
Romeo parlava con il cugino, l'aria distratta di chi ha la testa e il cuore altrove.
“Oh, messere, qual piacere rivederti tra noi per compiacerci della vostra compagnia” Benvolio andò incontro a Mercuzio con un sorriso beffardo sul volto “vero è che la notte scorsa preferisti a noi una fanciulla di facili costumi!”.
Tutti risero.
Mercuzio sorrise tristemente al pensiero di Anna.
“Se tutte le fanciulle di facili costumi, come tu dici, si vantassero di essere solo l'ombra di Anna, l'amore finalmente dominerebbe chiunque posasse lo sguardo su di loro!”.
“Il nostro buon amico narra d'amore?” Benvolio lo fissò divertito “che abbia rivelato a noi germani di provare un sentimento, dal nostro amico narrato come effimero?”.
Tutti si fecero spallucce e risero nuovamente.
Romeo intervenne in sua difesa.
“Benvolio, non seccare il mio buon Mercuzio con le tue maldicenze...” guardò l'amico con aria trasognata “...allora anche tu hai appreso che l’amore ha valore solo nella misura in cui il nostro cuore è vivo?”
“Di che tu favelli, sciocco amico” gli rispose Mercuzio “l'unico sentimento che io abbia a cuore è il piacere ...uhm.....che estasi quando conduco le mani delle fanciulle lungo l'asta che volge ritta al mezzogiorno!” si accarezzò l'inguine, un'aria lussuriosa sul volto.
L'ilarità s’impossessò di tutti i presenti. Persino Benvolio rise.
“Non m'inganni, amico...” Romeo lo osservò serio scuotendo il capo “...io ho udito il tuo cuore pronunziare parole d'amore...tu non m'inganni...”.
Lo sguardo crudele di Mercuzio impaurì Romeo, il quale decise di non proseguire oltre e di zittire all'istante il flusso dei suoi pensieri.
A un tratto, dal fondo della piazza, una gazzarra di urla: un gruppo di sprovveduti giovani si stava avvicinando.
Romeo si voltò e riconobbe i visi dei suoi antagonisti: i Capuleti.
Anche loro riconobbero subito lo sfaticato gruppetto dei Montecchi e iniziarono a lanciare ingiurie e oscenità.
Tebaldo, cugino di Giulietta, giovine farabutto, volubile, rabbioso, si mise subito alla testa del branco deciso ad attaccar briga contro quegli inutili fannulloni che odiava con tutto il cuore. Il suo astio era talmente profondo e insensato che gli ribolliva il sangue alla sola vista di quei Montecchi, della loro gaiezza, della loro sfacciataggine. Considerava Romeo come un codardo senza attributi, avvezzo solo alla poesia e alla fantasticheria; ma colui il quale era capace di provocargli l’ira autentica, di farlo andare su tutte le furie, era Mercuzio, il miglior amico del rampollo Montecchi, il nipote del Principe Escalus, uno strafottente zotico che viveva per le bisbocce e le risse. Ma era sicuro che un giorno gliela avrebbe fatta pagare cara, avrebbe chiuso la bocca a lui e alla sua insolenza per l'eternità.
Alla vista di quei mascalzoni, la mano di Mercuzio andò subito al pugnale: Tebaldo era venuto a cercare guai. E, con lui, li avrebbe trovati.
Guarda il prepotente, guarda, il padrone del mondo.....vile nell'anima ma impavido nella falsa corazza che lo riveste......
Poi un fuggevole ricordo, un orrendo ammonimento, lo riportò alla realtà.
Non devo azzuffarmi con lui… un'aurea funesta tutt’uno mi avvolgeti prego Regina Mab fallo allontanare....fai che giri alla larga da noi.......fai che abbia più senno di me....fai....
“Che la pace sia...con voi” si burlò di loro Tebaldo, imitando i Papi nel segno della croce ma terminando con la mano sull'inguine.
Mercuzio ebbe un gesto di stizza ma Benvolio gli tenne fermo il braccio.
“Ciò che mi porta qui è il poter abbracciare il mio caro Romeo!” continuò burlescamente Tebaldo “Romeo, dove sei……Romeooo?”.
I Capuleti ghignarono.
“Eccomi a te” rispose il giovane Montecchi non troppo convinto delle buone intenzioni di Tebaldo.
“Il mio cuore esulta, finalmente!” esclamò l'attaccabrighe e con un ghigno feroce sul volto. Gli passò un braccio sulle spalle e lo tirò a sé in un modo tutt'altro che amichevole.
I Capuleti si tenevano il grembo per le risate.
Romeo subì l'affronto senza proferire parola: le risse nelle vie di Verona erano vietate e lui non voleva né disubbidire all'ordinanza né mettere in pericolo la vita dei suoi amici.
“FREDDA, IGNOBILE SOTTOMISSIONE!!!!”
Mercuzio scoppiò in un urlo tremendo mentre divideva convulsamente Romeo e Tebaldo.
Gli occhi fuori dalle orbite, la bava alla bocca: la folle rabbia era scoppiata in tutta la sua violenza.
“TU, VILE MACACO, RE DEI GATTI, MENESTRELLO DEL POPOLO!!!!! COME OSI!!!!”
Un fiume in piena stava per sommergerlo con la velocità di una rapida.
Tebaldo, per nulla intimorito dalle urla dell'avversario, ghignò.
“Codardo mentecatto, come osi parlare a me in codesto tono! Ma guardati....” scoppiò in una risata crudele “...guardate....un uomo a metà.....” ora anche i Capuleti ridevano chiassosamente.
Romeo si voltò di scatto verso Mercuzio: ....cosa...?...?...?
Mercuzio reagì d'impulso, veloce come un predatore, afferrando Tebaldo per il collo.
Scattò anche Benvolio che si scagliò tra di loro per dividerli.
Un furioso tafferuglio coinvolse i rabbiosi Montecchi e Capuleti.
Urla.
Grida.
Calci
Pugni.
Solo Romeo si tenne fuori dalla lotta: osservava dall'alto della scalinata la disastrosa diatriba, sconvolto dal brutale spettacolo al quale stava assistendo. A causa del forte choc, il suo intelletto cercò una via d’uscita.
...le risse nelle vie di Verona sono vietate…
... l'orologio della torre, segna le 12 e 50!
...che caldo terribile.
...lo strepitare è tremendo, non resisto!
………………………………………………
...devo fare qualcosa....
...MA COSA????
A un tratto un pugnale nella mano di Tebaldo.....un violento fendente evitato per pochissimo da Mercuzio......un altro pugnale nella mischia…...il ghigno feroce di Tebaldo....un altro fendente ancor più violento pronto a vibrarsi dal basso.....
“NOOOOOOOOOO”
Romeo scese la gradinata a gran velocità e prese il braccio di Mercuzio, levandolo verso l'alto.
“NOOOOO MERCUZIO NOOOOO”.

Come iniziò, così finì.
Il chiasso di pochi minuti prima si dileguò all'improvviso.
Solo rumore di passi che si allontanavano frettolosamente.
Romeo corse verso Benvolio, coricato a terra.
“Cugino, sei ferito?”.
Benvolio si rialzò faticosamente a sedere.
“Dolorante...” poi di scatto, si guardò attorno spaventato e prese Romeo per il bavero del doublet fissandolo negli occhi “Mercuzio dov'è?”.
Col terrore dipinto in volto, si voltarono all'unisono verso l'ultimo scalino della gradinata.
Lì giaceva Mercuzio, moribondo, le mani sul ventre sanguinante, il volto cinereo, i ricci capelli biondi scompigliati sul freddo marmo.
“...Romeo...” una flebile voce lo chiamava.
Romeo si precipitò verso Mercuzio, scivolò sul selciato, cadde, si rialzò, arrancò a fatica fino al fianco dell'amico.
“MERCUZIO!!!” gli appoggiò le mani sulle sue, bagnate di sangue “MERCUZIO!!!” copiose lacrime presero a scendergli sulle gote.
Anche Benvolio piangeva, tenendosi la testa tra le mani, disperato.
Mercuzio accennò un sorriso “...questa volta l'ho beccata, Romeo.....e dura anche....”.
“Tonio sta correndo da un dottore....” esclamò Romeo “...tu stai silenzioso....” le loro mani si stringevano sopra la ferita.
“...Romeo....” una fitta di dolore lo bloccò “.....mio buon amico....” sorrise tristemente “...hai ragione tu.......l'amore è la vera essenza della vita....” e sussurrò “...ma per me è troppo tardi...” tossì e un rigolo di sangue gli comparve all'angolo della bocca.
“Mercuzio.....ti imploro....NON MI ABBANDONARE!” l'urlo di Romeo si elevò nel silenzio della piazza.
Un lancinante spasmo di dolore fece contorcere il corpo di Mercuzio.
“...NO...NO...NO...” Romeo singhiozzava più forte.
“...non disperarti amico mio.....NOI siamo i Re del mondo...” alzò l'ultima volta il capo e fissò Romeo negli occhi “....non ti abbandono.........io ti aspetto sull'altra sponda...” e, afferrandogli il bavero con la mano sanguinante, lo attirò a sé e lo baciò sulla bocca.
Fu il bacio più ardente e pieno di passione che mai avesse dato in tutta la sua esistenza.
Ad un tratto il suo capo si rovesciò ed esalò l'ultimo respiro.

L'anima lasciò il corpo, accasciato su quel freddo scalino, e trovò la serenità vicino a quella di Romeo, dove restò fino alla fine della sua breve vita.

L'orologio del campanile batté le 13.

FINE

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